L’ordinanza del 31 agosto 2022, n° 25600 della Corte di Cassazione ribadisce la rilevanza dell’elemento strutturale delle “reciproche concessioni” nell’ambito della disciplina civilista delle transazioni che “…possono riguardare rapporti diversi da quello controverso […] con un limite solo per il caso in cui il rapporto creato, mediante il negozio transattivo, importa estinzione per novazione del rapporto controverso”. Ricorrendo tali ipotesi, “l’inadempimento di una delle parti non può far rivivere rapporti definitivamente estinti, se non quando la volontà di entrambe abbia subordinato all’effettivo adempimento l’estinzione medesima”.
(Cass. civ., sez. III. Ordinanza n. 25600 del 31/08/2022 – pres. Frasca, relat. Guizzi).
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla società M. srl avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste che, a conferma del pronunciamento del tribunale di primo grado, accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla società SO Holding spa in relazione ad un provvedimento monitorio che le ingiungeva di pagare alla ricorrente una certa somma di denaro per l’esecuzione di alcuni lavori contrattualmente pattuiti tra le parti.
La ricorrente riferiva di aver agito, in sede monitoria, ad azionare un credito inferiore rispetto a quello originariamente vantato nei confronti di SO Holding spa, sulla scorta di un accordo negoziale raggiunto con quest’ultima, qualificato come remissione parziale del debito condizionata al pagamento del dovuto alle scadenze pattuite tra le parti: SO Holding non rispettava i termini essenziali di pagamento concordati e la ricorrente conseguiva il decreto ingiuntivo.
La debitrice fondava l’opposizione sulla diversa qualifica dell’accordo raggiunto tra le parti in termini di contratto transattivo e chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo emesso escludendosi pure, per difetto della gravità dell’inadempimento, ex art. 1455 cod. civ., la possibilità di dichiarare risolta la transazione stessa.
Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto di dover qualificare la scrittura privata sottoscritta tra le parti come transazione, accogliendo in definitiva l’opposizione di So Holding spa.
Due sono stati gli ordini di censure mosse alla sentenza di secondo grado dalla ricorrente in sede di legittimità: i) la Corte d’appello avrebbe errato nel qualificare il suddetto accordo come transazione, mancandone i requisiti ossia l’esistenza della “res dubia” e dell’”alíquid datum, aliquid retentum“; ii) la sentenza ha errato nell’escludere la risoluzione per inadempimento del contratto di transazione.
La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto per motivi procedurali ed ha colto l’occasione per ribadire i seguenti punti: i) gli elementi identificativi di un contratto di transazione sono la “res litigiosa” e il “nuovo regolamento di interessi, che, mediante le reciproche concessioni, viene a sostituirsi a quello precedente cui si riconnetteva la lite o il pericolo di lite“. È altresì idoneo ad integrare il contratto di transazione anche un accordo con il quale le parti si limitano ad apportare modifiche solo quantitative ad una situazione già in atto mediante reciproche concessioni, consistenti – anche – in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare “un regolamento di interessi sulla base di un «quid medium» tra le prospettazioni iniziali”; ii) la Corte, sul presupposto poi che il dovuto era stato integralmente pagato in corso di causa dalla debitrice, si è uniformata alla giurisprudenza prevalente e ha ribadito che: “l’adempimento successivo alla proposizione della domanda di risoluzione del contratto non ne arresta gli effetti, ma deve essere preso in esame dal giudice nella valutazione dell’importanza dell’inadempimento, potendo condurre ad escluderne la gravità e, quindi, a rigettare la suddetta domanda”.